testo esposto presentato ai Giudici del Tribunale di Milano - fecondazione assistita fivet icsi fertilità sterilità - dr.ssa AlessandraVucetich

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PMA e legge40

Ai Signori Giudici del Tribunale di Milano

Ho riconosciuto legittima (seppur impossibile da soddisfare salvo ingiunzione in merito da parte del Tribunale) la richiesta dei coniugi XXX - XXX di condurre un ciclo di fertilizzazione in vitro utilizzando tutti gli  ovociti raccolti durante il pick up ovocitario della paziente e sottoponendo gli embrioni ottenuti a diagnosi preimpianto per i motivi esposti di seguito:,
- la coppia necessita di PMA per infertilità
- la coppia risulta portatrice di thalassemia/drepanocitosi: ciò comporta, per ogni gravidanza, il rischio di avere un figlio affetto da Morbo di Cooley (Thalassemia maior) pari al 25 %.
Assistere la coppia XXX  - XXX secondo l’attuale quadro normativo presenta le seguenti implicazioni:
- la paziente deve essere sottoposta ad iperstimolazione ovarica controllata, con utilizzo di preparati ormonali, al fine di ottenere un numero di ovociti congruo per fecondazione in vitro (10 – 12 ovociti)
- di questi ovociti andranno selezionati i tre migliori per essere fecondati subito, mentre nell’evenienza che ne vengano individuati almeno tre - quattro di buona qualità in soprannumero, questi saranno crioconservati. Sul numero degli ovociti fecondati, quindi degli embrioni ottenuti (da zero a tre), deve essere eseguita la diagnosi preimpianto, mediante estrazione di un blastomero ed analisi con sonde genetiche specifiche.
-non risulta chiaro, soprattutto in considerazione delle linee guida 2008 di aggiornamento alla legge 40, se sia possibile NON TRASFERIRE l’embrione che risulta affetto da Thalassemia major. Se ciò non è chiaro risulta inutile eseguire una procedura costosa e delicata che pone comunque a rischio la vitalità degli embrioni stessi.
- in caso di trasferimento dei soli embrioni sani o portatori di thalassemia in forma minore (un solo gene alterato, non tutti e due come nella forma major) è statisticamente improbabile che, considerando l’impiego di tre ovociti, si ottengano tre embrioni da trasferire, più probabile è il trasferimento di uno o due embrioni, con una chance di gravidanza inequivocabilmente ridotta rispetto a quella attesa per il trasferimento di tre embrioni (tasso di successo atteso: 25-30%).

In sintesi: la possibilità che, fertilizzando unicamente tre ovociti per volta, tutta la procedura di fecondazione in vitro, diagnosi preimpianto e trasferimento degli embrioni porti alla gravidanza risulta molto ridotta, mentre risulta elevata la possibilità che non vi siano embrioni da trasferire, ciò in conseguenza di
mancata fertilizzazione di uno o più dei tre ovociti
eventuale danneggiamento dell’embrione nel corso della procedura di diagnosi preimpianto
diagnosi di embrione portatore di thalassemia major
Tutti questi rischi si riducono in misura statisticamente rilevante, salgono quindi le probabilità di gravidanza (obiettivo primario di una procedura di fecondazione in vitro) quando vengono utilizzati un numero maggiore di ovociti, preferibilmente da 8 a 12: in tal caso la possibilità di eseguire la diagnosi preimpianto si estende a più embrioni, la possibilità quindi che ve ne siano almeno tre non portatori di  thalassemia major risulta più elevata, il tasso di successo della procedura in termini di possibilità di gravidanza risulta indiscutibilmente più elevato.

 Se così è, soltanto la deroga all’attuale obbligo di fertilizzare unicamente tre ovociti per volta permette al medico di applicare le cure migliori per la coppia di pazienti secondo i criteri condivisi dalla comunità scientifica in termini di "good clinical practice". Certamente infatti il gold standard per le procedure di PMA consiste nel conseguimento della gravidanza, quindi della nascita di un bambino, con il minor numero di cicli di stimolazione ovarica possibili. Sono infatti questi che comportano il maggior rischio di salute per la donna.
Dal punto di vista clinico il rischio si concretizza nei seguenti aspetti:
maggiore assunzione, per pìù volte, di preparati ormonali
rischio chirurgico da pick-up ovocitario
traumatismo accidentale di vasi e/o di organi contigui all’ovaio dell’ago da pick up con conseguente sanguinamento endoad-dominale (emoperitoneo): circa 1/ 700
infezione  tuboovarica: circa 1/ 500
rischio di "sindrome da iperstimolazione ovarica" per eccesso di risposta ai farmaci ormonali  da parte della paziente: circa 1/150-200, in particolare in caso di iniziale gravidanza.

Non da ultimo va considerato il rischio di trauma psicologico per ripetuti fallimenti riproduttivi. La necessità di ripetere molte volte i cicli di PMA, in particolare per coppie che devono eseguire la diagnosi preimpianto per malattia genetica, certamente non riduce ma anzi tende ad aggravare la sofferenza psicologica, proprio in ragione della necessità di ripetere molte volte i cicli per conseguire il successo.
D’altro canto il trauma psicologico va considerato anche per quelle coppie che necessitano di diagnosi preimpianto ma che, come è nella condizione attuale italiana normata dalla legge 40/2004, non possono ottenerla (e non possono superare il problema recandosi in un centro estero). In questo caso la coppia si trova infatti ad affrontare lo stress psicologico del ciclo di fecondazione in vitro e, in caso di successo, lo stress della diagnosi prenatale e, in caso di malattia fetale, la condizione paradossale di  scelta di interruzione della gravidanza secondo il dettato della legge 194/78.
Da pochissimi mesi è stata segnalata la possibilità di eseguire la diagnosi preimpianto direttamente sull ’ ovocita invece che sull’ embrione. In merito a questo argomento è stata fatta una segnalazione preliminare di un caso di bambino nato dopo questa procedura.
Sembra opportuno sottolineare che, per quanto riguarda l’applicazione di procedure di pertinenza clinica, un singolo caso riferito costituisce un’opportunità certamente promettente, ma che risulta ancora lontana dalla possibile applicazione standardizzata. In attesa quindi che gli studi procedano in questa direzione, ho ritenuto che la coppia XXX – XXX  necessiti oggi di una deroga al dettato della legge 40/2004 poiché i pazienti necessitano adesso, proprio adesso, di assistenza al concepimento mediante fertilizzazione in vitro con diagnosi preimpianto.
Nessuna delle due eventualità elencate: né la diagnosi preimpianto con utilizzo di soli tre ovociti, né la fecondazione in vitro per coppie infertili portatrici di patologia genetica senza la diagnosi preimpianto, soddisfano i criteri clinici e deontologici ai quali, è condiviso da tutta la comunità scientifica (criteri internazionali di good clinical practice), si deve attenere il medico nel fornire assistenza ai propri pazienti.
Con ossequio,
Dr.ssa  Alessandra Vucetich

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